L umanità dei non-umani
Bruno Latour

L'umanità dei non-umani

Conduce:
Sabato 16 settembre 2006

Una sorta di "ipocrisia moderna" porta a respingere fuori dalla filosofia, dalla cultura e dall'umanità i "non umani", mentre questi ultimi vengono in maniera considerevole massimizzati dalle nostre società. Per superare questo paradosso occorre, secondo Bruno Latour, mettere in evidenza come sia la stessa storia fisica e mentale degli umani ad essere legata a quella dei non umani.
Se ci si confronta ad esempio con le società di babbuini, esse si differenziano da quelle umane solo per le tipologie di risorse pratiche che possiedono, risorse grazie alle quali gli attori sociali in generale sono in grado di imporre la loro concezione della società e orientare gli altri, al fine di costruire maggiore stabilità sociale. I babbuini, avendo solo i loro corpi come risorse e non disponendo di mezzi, non sono in grado di semplificare le questioni e le relazioni sociali. In questo senso essi danno origine ad una società complessa, che può raggiungere solo un grado limitato di stabilità sociale.
Una società più stabile si determina allorquando vengono utilizzate risorse addizionali, materiali e simboliche, in senso largo "risorse extrasomatiche", che consentono di semplificare le relazioni e con ciò di passare dalla complessità alla complicazione sociale. In questa direzione, le società di cacciatori e raccoglitori, quindi quelle agricole e infine quelle industriali sono in grado di produrre, in parallelo ad un maggiore utilizzo dei simboli, dei materiali e dei mezzi tecnici, una progressiva diminuzione della complessità e un progressivo accrescersi della complicazione e del grado di performazione della società.
Sulla base di queste considerazioni, Bruno Latour ritiene necessario pensare, di contro ad una ecologia che tratta l'ambiente come qualcosa di fragile da proteggere dal non-umano, una filosofia politica che abbandoni l'idea di un umanesimo distaccato dall'insieme dei non umani. Non sappiamo infatti chi compone il nostro collettivo, quale è il numero di esseri che comprende: "ricercatori e consumatori, chi decide e gli ecosistemi, prioni, laboratori, mucche, vitelli, maiali e covate" possono tutti essere chiamati a farne parte. In questo senso non è nemmeno possibile conservare l'antica divisione tra l'organizzazione della scienza, da un parte, che studia i fatti e ricerca leggi non umane, e il mondo politico e sociale, dall'altra, che si occupa dei valori e di come vivono gli uomini, ma occorre pensare una relazione più articolata e intrecciata fra i due ambiti.

Bruno Latour  è Direttore aggiunto presso l’Institut d’études politiques di Parigi. Utilizzando i contributi della sociologia, della filosofia e dell’antropologia, ha indagato il ruolo degli scienziati e l’economia delle innovazioni tecniche nelle società democratiche, giungendo a descrivere il processo di ricerca scientifica come costruzione sociale. Tra le sue opere tradotte: Non siamo mai stati moderni. Saggio di antropologia simmetrica (Milano 1995); La scienza in azione. Introduzione alla sociologia della scienza (Torino 1998); Politiche della natura. Per una democrazia delle scienze (Milano 2000); Il culto moderno dei fatticci (Roma 2005); La fabbrica del diritto. Etnografia del Consiglio di Stato (Enna 2007); DingpolitikCome rendere le cose pubbliche (Milano 2011).

Ultimo aggiornamento profilo: 2012

2006 | 2012