Mandala

Mandala

Gioco scenico di Franco Guerzoni
Presentazione di: A. C. Quintavalle
In collaborazione con: VIVA Ceramica
Conduce:
Sabato 21 settembre 2002
Mandala è il titolo del gioco scenico che Franco Guerzoni ha immaginato per il muro esterno del Fontanazzo del Palazzo Ducale di Sassuolo, in occasione del festivalfilosofia. La fragilità e l’instabilità della bellezza sono i presupposti concettuali dell’intervento che, realizzato in ceramiche circolari, inneggia alla notte, già presente nell’opera pittorica dell’artista fin dai primi anni Ottanta. L’incanto del piccolo firmamento pittorico mostrerà infine il suo inganno: un’improvvisa caduta di stelle.

Allestimento: Silvia Giacobazzi
Consulenza tecnica: Piero Tranchina
Progetto illuminotecnico: Alberto Zattin

Franco Guerzoni è nato nel 1948 a Modena, dove vive e lavora. Fin dai primissimi anni Settanta si dedica alla ricerca dei sistemi di rappresentazione dell’immagine attraverso l’uso del mezzo fotografico, in un contesto di forte influenza concettuale e di intenso scambio di idee con giovani artisti modenesi quali Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi, il fotografo Luigi Ghirri ed altri che praticano un lavoro di ricerca sui nuovi linguaggi. Appartengono a questo filone Archeologia, la prima personale di Guerzoni a Bologna, curata da Renato Barilli nel 1973, la collettiva milanese Blow up del 1976, ancora a cura di Renato Barilli, e la collettiva Foto-grafia, del 1977, a cura di Arturo Carlo Quintavalle. Negli stessi anni l’artista presta grande attenzione al mondo archeologico, del quale indaga gli aspetti di stratificazione culturale, affascinato dall’idea di antico come perdita, senza lasciarsi tentare dal desiderio di ricostruirlo. Elabora parallelamente libri-opera che affrontano i temi del viaggio, della riproduzione dell’immagine e delle sue molteplici letture. Risale ai primi anni Ottanta la svolta artistica che lo vede impegnato nel passaggio dall’amore per la pagina del libro alla realizzazione di grandi carte parietali gessose, coinvolte in un’idea di geografia immaginaria. Sono di questo periodo la mostra milanese Cosa fanno oggi i concettuali?, realizzata nel 1986 alla Rotonda della Besana per la cura di Renato Barilli, e Scavi superficiali, del 1987, curata da Paolo Fossati alla Galleria Civica di Modena. Guerzoni approda alla fine degli anni Ottanta a una ricerca sulla superficie intesa come profondità, che dà luogo a grandi cicli di opere quali Decorazioni e rovine, presentate in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1990, e Restauri provvisori, in mostra alla Galleria Comunale di Arte Moderna di Bologna, a cura di Pier Giovanni Castagnoli. Un’ampia retrospettiva dell’artista, con testimonianze di trent’anni di ricerca, è stata coordinata da Paola Jori nel 1996 in occasione della mostra personale presso la Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento, mentre è del dicembre 1999, a Palazzo Massari di Ferrara, la personale Orienti, curata da Pier Giovanni Castagnoli. Sue opere sono presenti in raccolte pubbliche e private, in Italia e all’estero.
Il suo lavoro attuale procede in equilibrio tra il piacere della rovina e il fascino del restauro, inteso come ulteriore scrittura dove si possono incontrare aspetti formali e cromatici che coniugano culture lontane, simboli, frammenti e riflessi ispirati alla nostra stessa antichità. Risaltano in queste opere l’attenzione per la pittura opaca dell’affresco e un nuovo interesse per i temi della percezione. Negli ultimi lavori Guerzoni elabora una sorta di bassorilievo che, tenendo in movimento l’immagine, non desidera circoscriverne le forme, ma offrirne una visione anamorfica percepibile da più punti di osservazione. Le opere paiono quasi essere state sottoposte a una accelerazione temporale che si manifesta attraverso la relazione tra i blu polverosi e vellutati e gli arancioni abbacinanti di origine orientale. Ne risulta un vero e proprio caleidoscopio archeologico.

Arturo Carlo Quintavalle è ordinario di Storia dell’Arte all’Università di Parma e direttore del Centro Studi e Archivio della Comunicazione della stessa Università, che raccoglie nel Dipartimento Fotografia la più ampia collezione pubblica di fotografie in Italia (cinquecentomila tra stampe e negativi). Autorevole storico dell’arte, ha rivolto particolare attenzione anche all’arte contemporanea italiana e straniera e alla fotografia, curando l’allestimento di numerose mostre e la pubblicazione dei relativi cataloghi. Tra le sue più recenti pubblicazioni ricordiamo: Carte italiane: opere su carta dal 1950 al 200 della Collezione CartaSi (Milano, 2000), Ettore Vitale: visual designer (Milano, 2002) e Concetto Pozzati (Milano, 2002).

Silvia Giacobazzi, architetto, vive e lavora a Modena. Progetta e dirige lavori di architettura civile e residenziale in Italia e in Francia, con l’interesse rivolto sia ad una rispettosa conservazione delle testimonianze del passato (si veda il restauro conservativo del comparto ex-Ballarini nel centro storico di Sassuolo), sia alla ricerca di un linguaggio attento a nuove soluzioni formali e architettoniche (come nell’edificio per la Ascot Ceramiche di Solignano). Da anni mostra profondo interesse per le arti figurative e il design. Ha curato l’allestimento di Virtually Design, esposizione di grandi designers realizzata nel 2001 a Milano in occasione del Salone del mobile. Suoi lavori sono documentati in riviste specializzate, quali Abitare, Interni, Case d’abitare.

Piero Tranchina, diplomato all’Istituto Centrale del Restauro di Roma nel 1969 e poi docente all’Accademia di Belle arti di Ravenna, collabora attualmente con numerose Soprintendenze e gallerie in Italia e all’estero. Specializzatosi nel restauro di sculture lignee e terracotte, ha eseguito, fra gli altri, il recupero di gruppi scultorei del Begarelli e del Mazzoni e ha curato il restauro del busto marmoreo di Francesco I del Bernini. Nell’ultimo decennio, ha rivolto attenzione anche all’arte contemporanea, contribuendo a perfezionare le metodologie di intervento per il recupero dei nuovi materiali. Le sue numerose pubblicazioni costituiscono un punto di riferimento per le teorie e le pratiche più avanzate del restauro.

Alberto Zattin, nato a Reggiolo di Reggio Emilia nel 1963, inizia nel 1988 a lavorare come illuminotecnico e light designer. In collaborazione con diversi architetti progetta e realizza sistemi di illuminazione ambientale per gallerie d’arte, musei, eventi espositivi. A questa dimensione professionale si aggiunge, a partire dalla metà degli anni Novanta, una personale ricerca che coniuga luce, energia e spiritualità e si caratterizza per l’attenzione rivolta non solo al rapporto tra opera e spazio architettonico, ma all’ambiente complessivo in cui l’opera viene inserita. Tra i suoi interventi si segnalano l’iniziale partecipazione alla mostra Della priorità del cuore, allestita nella Chiesa di San Filippo di Reggio Emilia nel 1995, Cor cordis, realizzato nel 1996 per i Magazzini Generali di Milano e Good vibration esposto nel 1999 alla Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia. Dal più recente rapporto con Groppi, imprenditore e designer piacentino, nascono oggetti come Brazil Spot, Spumone, Ako e la lampada Q.