<i>Amore mortis</i>: la condizione umana e il dono di Prometeo
Umberto Curi

Amore mortis: la condizione umana e il dono di Prometeo

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Venerdì 15 settembre 2006

Il mito di Prometeo ricorre in tutto l'arco della tradizione culturale dell'Occidente dai poemi omerici fino al cuore del Novecento, ma si possono trovare riferimenti ad un personaggio molto simile anche in altre civiltà e tradizioni. Sulla fortuna della figura prometeica Umberto Curi ha messo in evidenza come in tutte le diverse versioni di questo mito vi sia un tratto distintivo inconfondibile: Prometeo è colui che, mosso dalla filantropia, salva il genere umano e, al tempo stesso, lo costituisce nella sua specifica peculiarità.
E' soprattutto nell'Ottocento che la figura di Prometeo ha goduto di una particolare fama, con Goethe e Schlegel ad esempio, ed è stato rappresentato come colui che ha salvato l'umanità donandogli la tecnica. Umberto Curi si pone a distanza rispetto a questa interpretazione, sottolineando come in essa sia ben individuabile un paradosso. Nelle versioni classiche del mito, infatti, nel Prometeo incatenato di Eschilo ad esempio, viene affermata la radicale infondatezza della tecnica e la sua incapacità di soccorrere davvero il genere umano.
Al fine di superare questa contraddizione, Umberto Curi interpreta il mito di Prometeo a partire dalla colpa gravissima da esso commessa. Prometeo ha infatti cercato, spinto dalla filantropia, di sottrarre il genere umano dalla sua condizione di essere mortale, o meglio ancora, lo ha salvato dall'ossessione continua di guardare con  paura all'ultimo giorno della vita, infondendo loro la speranza, come vero tratto distintivo dell'essere umano rispetto agli altri animali.
Occorre altresì sottolineare, ha proseguito Curi, come la pena inflitta da Zeus a Prometeo non possa essere eterna: sarebbe infatti inaccettabile una figura salvifica, che si autoimmola e che poi resta perpetuamente legata ad una punizione. Facendo però riferimento ai frammenti in lingua latina del Prometeo portatore di fuoco e del Prometeo liberato emerge come il termine della pena consiste nell'acquisizione della consapevolezza dell'amore per la morte, amor mortis. Il mito di Prometeo avrebbe dunque, secondo Umberto Curi, il fine di mostrare l'esito comunque tragico di qualunque titanismo, cioè di qualunque tentativo di sconfiggere una volta per tutte la morte, rispetto al quale si porrebbe la possibilità di riconoscerla come quel limite che conferisce significato alla vita stessa e attribuisce ad essa la sua peculiarità.

Umberto Curi è professore emerito di Storia della filosofia presso l’Università degli Studi di Padova. Ha insegnato anche presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È stato visiting professor presso numerosi atenei europei e americani. Ha diretto la Fondazione culturale Istituto Gramsci-Veneto ed è stato membro del Consiglio direttivo della Biennale di Venezia. Nelle sue ricerche si è occupato della storia dei mutamenti scientifici per ricostruirne la dinamica epistemologica e filosofica, rivolgendosi a uno studio della tradizione filosofica imperniato sulla relazione tra dolore e conoscenza e sui concetti di mythos e logos, amore, guerra, verità, con particolare attenzione per la tragedia e il mito dell’antica Grecia. Nei suoi scritti, ha indagato anche la nozione filosofica di pena e le parole della cura, dedicando, inoltre, studi al rapporto tra il cinema e la filosofia, la poesia e le forme di narrazione contemporanee. Tra le sue opere recenti: Straniero (Milano 2010); Via di qua. Imparare a morire (Torino 2011); L’apparire del bello. Nascita di un’idea (Torino 2013); La porta stretta. Come diventare maggiorenni (Torino 2015); I figli di Ares. Guerra infinita e terrorismo (Roma 2016); Le parole della cura. Medicina e filosofia (Milano 2017); Veritas indaganda (Nocera Inferiore SA 2018); Il colore dell’inferno. La pena tra vendetta e giustizia (Torino 2019); Film che pensano. Cinema e filosofia (Milano 2020); Parola ai film (con Bartolo Ayroldi Sagarriga, Milano 2021); La morte del tempo (Bologna 2021); Fedeli al sogno. La sostanza onirica da Omero a Derrida (Torino 2021).

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